Per il medico posturologo la vista costituisce una delle fonti di informazione sui piccoli movimenti del corpo in relazione all’ambiente circostante. Tali informazioni, consentono il controllo della stabilità posturale attraverso quel sottoinsieme del sistema nervoso centrale denominato sistema posturale fine.

Il posturologo si avvicina quindi alla visione limitandosi ad affrontare un aspetto specifico: l’ingresso visivo del sistema posturale fine.

L’approccio clinico del posturologo, sebbene sia particolarmente restrittivo, acquista tuttavia un valore rilevante nel momento in cui le informazioni visive vengono integrate con le altre afferenze sensoriali.

 

L’ingresso visivo del sistema posturale

L’ingresso visivo del sistema posturale fine risulta facilmente manipolabile: per esempio, la chiusura delle palpebre è un modo per variare le informazioni posturali visive. Ovviamente ce ne sono molti altri ma grazie alla sua semplicità, dal punto di vista clinico, chiudere gli occhi ha la meglio su tutti gli altri metodi.

La potenza dell’input visivo viene espressa particolarmente bene dalle variazioni nella precisione del controllo posturale che osserviamo a occhi chiusi.

Utilizzando piattaforme stabilometriche, il parametro posturografico che misura meglio l’accuratezza del controllo posturale è l’area dell’ellisse di confidenza che contiene il 90% delle posizioni del centro di pressione campionate durante la registrazione.

Quando il soggetto chiude gli occhi, si osserva, in media, una riduzione del duecentocinquanta per cento nella precisione di questo parametro, e quindi del controllo posturale. Nella pratica clinica, questo potere di input visivo è calcolato dal Quoziente di Romberg.

Il valore RQ medio è 250 negli esseri umani normali in condizioni standardizzate. Il posturologo a volte incontra RQ pari a 100. Tale RQ è un valore anormale dal punto di vista statistico (inferiore del 95% al limite inferiore di normalità): questo significa che il paziente è stabile con gli occhi chiusi come con gli occhi aperti e quindi si comporta come se non stesse usando la sua visione per controllare la sua postura.

 

La “cecità posturale”

A partire da queste osservazioni è stato coniato il termine cecità posturale, espressione criticabile perché non tiene conto di tutti gli aspetti del problema, utile tuttavia per attirare l’attenzione sull’ingresso visivo del sistema posturale fine.

Studi clinici dimostrano che la cecità posturale è presente in casi di neurite vestibolare, strabismo, lombalgia e persino semplicemente in pazienti ametropici corretti con occhiali.

Eppure, se possiamo accettare facilmente che l’input visivo venga disturbato da qualsiasi cosa possa influire direttamente o indirettamente sulla vista (come lenti per occhiali o squilibri oculomotori), è molto difficile ammettere che la lombalgia o la neurite vestibolare abbiano lo stesso effetto visivo. Tuttavia i fatti sono supportati da convalide statistiche.

Va innanzitutto ricordato che il segnale posturale retinico si riduce alla percezione di uno scorrimento dell’immagine sulla retina per movimenti destra-sinistra o di una disparità retinica per movimenti antero-posteriori. Ma questo slittamento della retina è, di per sé, assolutamente ambiguo: può essere dovuto a un movimento del corpo, certo, ma anche a un movimento dell’ambiente oppure a un movimento dell’occhio.

Il significato posturale del segnale retinico deve quindi essere decifrato dal suo confronto con i segnali di altri sensori: oculomotore (è un movimento dell’occhio?), vestibolare, plantare (ma in questo caso combinato con segnali propriocettivi, midollo spinale in particolare: è un movimento del corpo?).

In questa struttura logica si capisce meglio che l’input visivo del sistema posturale fine collassa se uno di questi sensori è difettoso perché il segnale retinico non ha più un significato posturale garantito; l’ambiguità del segnale di slittamento retinico non può più essere risolta. Non sorprende quindi che il medico osservi la cecità posturale durante la neurite vestibolare, l’eterotropia e persino la lombalgia, per quanto strano possa sembrare a prima vista.

 

Rieducazione dell’input visivo: esercizi di equilibrio

Quando l’input visivo del sistema posturale fine è collassato – quando RQ è uguale o inferiore a 100 – ha senso cercare di recuperare questa entrata.

Fukuda nel 1943 dimostrò che dei semplici esercizi di bilanciamento avevano un impatto sul nistagmo optocinetico; sulla base di questa esperienza abbiamo cercato di rieducare l’input visivo attraverso esercizi di equilibrio.

Utilizziamo una piattaforma instabile la cui geometria limita le deflessioni di circa quattro gradi per rimanere entro i limiti di azione del sistema posturale fine. Il paziente, in piedi su questa piattaforma, rimane il più stabile e immobile possibile per un minuto. Tiene gli occhi aperti in un ricco ambiente visivo vicino a lui, ad esempio rimanendo a 50 cm da una finestra, per sfruttare gli effetti di parallasse.

In questa situazione l’informazione plantare non è più coerente con ciò che il soggetto percepisce quando si trova su un terreno solido; l’ingresso plantare al sistema posturale fine risulta interrotto: il soggetto può stabilizzarsi solo con le sue informazioni visive e vestibolari con l’effetto di aumentare il peso relativo delle informazioni visive nel controllo posturale, costringendo il soggetto a usare maggiormente la sua vista per stabilizzarsi.

L’esperienza mostra che nella maggior parte dei casi, la cecità posturale non persiste dopo tre mesi di questo tipo di esercizio quotidiano. Attualmente, probabilmente da molto tempo, è impossibile dire di più su questo tipo di riabilitazione (che non si presta alle analisi in doppio cieco). Solo la coerenza di queste osservazioni cliniche con i dati fondamentali consente una certa credibilità.

 

Un approccio clinico specializzato

Il medico posturologo può esaminare clinicamente strabismo, neurite ametropica, vestibolare, lombalgia, ecc. Ma non è né un oftalmologo, né un otoneurologo, né un reumatologo. Il suo approccio clinico prevede l’integrazione delle varie informazioni sensoriali che partecipano al controllo della postura ortostatica. Questa nuova prospettiva presuppone la padronanza di nuovi concetti e tecniche. E l’esperienza dimostra che questo approccio clinico specializzato funziona meglio in un ambiente adeguato, con professionisti appositamente formati.

 

Fonte bibliografica: P.- M. GAGEY, Vision et posture III Paris, 8 décembre 1990

AGRESSOLOGIE 1991, 32, 3 : 183-186.

Redazione SPRINTIT

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- Ing. Diego Scattolin: esperto di strumentazioni per la misurazione della postura e pedane stabilometriche
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